pensieri sparsi

“Per ciascuno di noi il destino è racchiuso in questo richiamo che pone di fronte a un bivio. Da una parte c’è la vita, l’autenticità, la capacità di accogliere e rispettare le nostre più profonde esigenze, mentre dall’altra non si trova che la morte interiore, la sterilità, la paralisi. Soltanto chi ha avuto il coraggio di compiere una scelta decisiva, abbandonando un’esistenza divenuta ormai troppo angusta, soffocante e inadeguata, può aiutare gli altri a procedere nel cammino di individuazione.
Lasciarsi dietro le vie conosciute per seguire una nuova strada ha in sé una tragica bellezza, racchiusa nel fatto che la meta non è mai visibile. Ciò che conta è il percorso. Si tratta a volte di decisioni difficili, poiché non si ha mai la certezza che quella che stiamo per intraprendere sia la strada giusta, la nostra. In tali momenti è possibile contare solo sull’intuizione avvertita.
Quando ci si trova in questi momenti cruciali dell’esistenza, ci si accorge tristemente della propria solitudine. Non soltanto nessuno può aiutarci, indicandoci con chiarezza ciò che è giusto fare, ma pare anzi che il mondo esterno ci ostacoli. Dobbiamo lottare contro la famiglia, contro chi ci sta accanto e vorrebbe, per pigrizia o egoismo, rinchiudere la nostra esistenza in schemi prestabiliti. Non sempre sono le nostre paure, i nostri dubbi, le incertezze a frenarci, poiché la vera e più ardua lotta siamo spesso costretti a ingaggiarla con coloro che ci circondano, per i quali il nostro agire rappresenta un severo monito, un muto rimprovero.
La nostra capacità di trasformarci, rischiando tutto ciò che abbiamo costruito fino ad ora, costituisce una segreta accusa nei confronti della paura che li ha paralizzati, impedendo loro di ascoltare la voce dell’inconscio. L’ostilità, la sfiducia, l’ironia, con le quali vengono accolti i nostri tentativi, somigliano a volte a una sorta di silenzioso complotto, il cui scopo è quello di impedirci di intraprendere la nuova scelta.
Rispondendo a una voce interna, invece che a una scelta standardizzata, per la prima volta ci comportiamo da individui che si distaccano dai parametri del collettivo, per obbedire solo alla voce interiore. Dal momento in cui nasciamo veniamo eterodiretti, dapprima dai progetti dei nostri genitori, poi da quelli dell’ambiente in cui viviamo. Soltanto quando operiamo delle scelte personali diventiamo autodiretti.”
– Tratto da La chiamata del daimon, Aldo Carotenuto
_____________________________________________________
“Per gli uomini non esiste nessunissimo dovere, tranne uno: cercare se stessi, consolidarsi in sé, procedere a tentativi per la propria via ovunque essa conduca.
Ciò mi scosse profondamente e questo fu il risultato di queste esperienze: molte volte avevo fantasticato sul mio futuro, avevo sognato ruoli che mi potevano essere destinati, poeta o profeta o pittore o qualcosa di simile. Niente di tutto ciò. Né io ero qui per fare il poeta, per predicare o dipingere, non ero qui per questo. Tutto ciò è secondario.
La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di conoscere se stessi.
Uno può finire poeta o pazzo, profeta o delinquente, non è affar suo, e in fin dei conti è indifferente.
Il problema è realizzare il suo proprio destino, non un destino qualunque, e viverlo tutto fino in fondo dentro di sé.
Tutto il resto significa soffermarsi, è una mezza misura, è un tentativo di fuga, è il ritorno all’ideale di massa, è adattamento e angoscia di fronte a se stesso.
Terribile e sacra sorse davanti a me la nuova immagine mille volte intuita, forse già espressa, eppure soltanto ora vissuta.
Io ero un parto della natura lanciato verso l’ignoto, forse verso qualcosa di nuovo o forse anche verso il nulla.
Lasciare che si sviluppasse dal profondo, obbedire al mio destino e far mia la sua volontà, questo era il mio compito. Nient’altro.
Avevo già assaporato molta solitudine. Ora ebbi l’impressione che ne esistesse una più profonda e forse inconfutabile”.
– Demian, Hermann Hesse
_____________________________________________________
Photo: Egor Shapovalov

“Armonizzati, trova la tua nota, e falla risuonare forte e chiara, poiché sei parte della vasta orchestra della vita.
Hai un tuo ruolo specifico da interpretare, non cercare quindi di recitare quello di qualcun altro.
Cerca e trova il tuo, ed attieniti ad esso.
Quando avrai imparato a fare questo, andrà tutto bene per te, anzi benissimo.
Le anime che cercano invece di suonare la nota di un altro si troveranno in disarmonia con il tutto.
Non cercare mai di essere come qualcun altro o di fare quello che altri stanno facendo: non voglio che siate tutti uguali, come piselli in un baccello.
Ho bisogno che siate diversi, ognuno con le proprie doti e qualità. Un’orchestra composta da strumenti tutti uguali tra loro sarebbe davvero monotona, mentre più sono gli strumenti che si fondono in un’armonia orchestrale perfetta, e migliore e più ricco sarà il suono che ne verrà fuori…”.

– Eileen Caddy


Édouard Boubat. Rémi écoutant la mer, 1955.
“Prima ancora di metterci in ascolto dobbiamo saper fare silenzio dentro di noi, far tacere le tante parole che giudicano, che stigmatizzano, che interpretano, che a tutti i costi vogliono trovare soluzioni veloci. Le parole che presumono di aver già capito senza prima aver affiancato, condiviso, amato. Solo da questo silenzio può nascere l’ascolto, un silenzio che è spazio, apertura all’altro. Un silenzio che ci permette di cogliere verità che altrimenti resterebbero celate per sempre. Solo allora capiremo che ascoltare non è solo porgere l’orecchio ma aprirci al mondo che ci circonda”.

– Simone Weil


“Tutti i cambiamenti, anche i più desiderati hanno la loro malinconia, perché ciò che lasciamo dietro è una parte di noi. Dobbiamo morire in una vita prima di poter entrare in un’altra”.

– Anatole France

_____________________________________________________

 C’è sempre tempo. Fino all’ultimo istante di vita.
Per poter essere veramente noi stessi.
Ciò che dalla nascita siamo stati chiamati ad essere.
– Roberta Tezza
_____________________________________________________

“La dea Ananke, o Necessità, siede sul trono, circondata dalle Moire, sue figlie, compagne e aiutanti. Ma è lei, Ananke, a stabilire che la sorte scelta dall’anima è necessaria: non un accidente, non buona o cattiva, non già nota né garantita, semplicemente necessaria. Ciò che viviamo è necessario che lo viviamo”.

– da Il codice dell’anima, James Hillman


“La malattia di questo secolo? La bassa autostima.
Dietro a grandi macchine potenti, dietro ai lustrini e ai tacchi vertiginosi, scorgo spesso un ego mozzafiato e una autostima piccola piccola, come la cruna di un ago.
Gli animali mi ricordano, che chi abbaia più forte, è il più piccolo, è chi ha più paura.
Ed oggi giri nelle strade del centro, trovi ricchezza tra gli abiti sgualciti e povertà dietro a grandi macchine griffate ed i lustrini.
Se sei grande dentro, non ti serve urlarlo fuori. Puoi nasconderti quasi non visto tra le cose e le persone, compiere gesti eroici, grandi imprese. Sì, non visto, in silenzio, dietro falso nome. Come gli angeli e i benefattori”.
– Stephen Littleword
———————————————————————
Opera di Steve Kenny
“Uno può scegliere di tornare indietro verso la sicurezza o andare avanti verso la crescita; la crescita dev’essere scelta in continuazione, la paura deve essere vinta in continuazione”.
– Abraham Maslow
 ———————————————————————
Fermarsi.
Per contemplare la strada percorsa.
Per riflettere sui passi compiuti e sulle implicazioni di certi passi.
Per ascoltare la propria bussola e per osservare la propria mappa interiore.
Comprendere se la direzione è corretta, se il percorso va ritoccato e se i compagni di viaggio possono accompagnarci ancora.
Raccogliersi nel silenzio per gettare le basi di una nuova partenza.
 – Roberta Tezza
——————————————————————— 
Photo: Tony Luciani
“La ferita dei non amati è senza parole. Non trova parole per guarirsi. I non amati possono raccontare molto di come sono stati respinti, emotivamente abbandonati, incompresi, ma i loro racconti si riferiscono a periodi della vita in cui erano già in grado di esprimere verbalmente la loro sofferenza. I primi mesi di vita, durante i quali il bambino non è in grado di parlare, rimangono privi di espressione verbale anche in età adulta. I non amati non potranno mai esprimere a parole ciò che hanno vissuto nella fase fetale e neonatale. Il trauma dei non amati risale al periodo preverbale precedente e successivo alla nascita. Nel contesto terapeutico, le conversazioni sulle esperienze successive sono spesso alibi che distolgono l’attenzione dalla causa primaria, ovvero dalla ferita tuttora muta del non essere stati amati. In assenza di altre possibilità, si parla di qualche cosa che non può essere avvicinato e colto a parole. La muta causa della ferita deve trovare il modo di esprimersi perché le parole che denunciano le successive esperienze di mancanza d’amore possano radicarsi e trovare un senso. Altrimenti, rimangono in una sorta di limbo. Così, chiunque riesca finalmente a rivivere l’antico dolore sotto lo sguardo partecipe di un altro va oltre il proprio dolore e scopre la propria forza e può dare a se stesso ciò che la madre o il padre gli hanno rifiutato: attenzione emotiva, calore, sicurezza, affidabilità e soddisfacimento dei bisogni fondamentali.
Solo il dolore che rimane bloccato è distruttivo: il dolore liberato, cui è stata concessa piena espressione, è creativo. Per liberare questo dolore, l’essere umano, che è essenzialmente concentrato sui rapporti, ha bisogno di un altro essere umano al quale possa rischiare di mostrarsi. Infatti non è l’amore, ma la paura dell’amore che rende necessaria la cura. L’amore esplode spontaneamente nella nostra vita quando ogni resistenza svanisce, sia l’amore per gli altri sia l’amore per se stessi. Se le persone che da piccole non sono state amate dedicano a se stesse la calda attenzione di cui non hanno potuto godere al momento opportuno, si vivono in modo del tutto nuovo, cioè si sentono amate. In ultima analisi, non è l’amore di un altro che può guarirci dall’antica depressione, ma l’amore che diamo a noi stessi attraverso un’attenzione diligente. La liberazione dalla prigionia nell’Io inizia con l’amore di sé.
Ogni segreto è racchiuso nell’arte del lasciarsi andare, del non opporre resistenza.
Amandosi come totalità, si scopre un nuovo amore e si lascia alle spalle il vecchio amore fatto di debolezza e disperazione, in cui tratteneva ed era trattenuto, era vittima e carceriere. Sperimenta ora un nuovo amore che riunisce in sé distanza dall’amore e essere amato; un amore discreto e ardente che incorpora la solitudine; un amore che non ha un fine specifico ed è quindi aperto e disponibile; un amore che, amando le ferite d’amore, le guarisce.
Sì. La ferita che il non amore ci ha inferto è il ventre dal quale veniamo generati molte volte”.
– Peter Schellenbaum, “La ferita dei non amati”
_____________________________________________________
“La realtà che ho io per voi è nella forma che voi mi date; ma è realtà per voi e non per me; la realtà che voi avete per me è nella forma che io vi do; ma è realtà per me e non per voi; e per me stesso io non ho altra realtà se non nella forma che riesco a darmi. E come? Ma costruendomi, appunto”.
– Uno, nessuno e centomila, 1925, Luigi Pirandello
_____________________________________________________
“…e tradire la propria solitudine può rivelarsi estremamente pericoloso (…).
Si cerca un altro, un punto esterno a noi, per soffocare la tristezza, per avvolgere la solitudine: prevalgono la paura e l’ansia… […] Non c’è nulla di patologico nel cercare incoraggiamento nell’amicizia e nell’amore degli altri, direi anzi che si tratta di una manifestazione di piena salute; è di altro, però che stiamo parlando, dell’incapacità totale di fondare la propria esistenza intorno a un centro interiore e della compulsione a riempire sempre il proprio vuoto con punti di riferimento esterni, siano essi gli altri, il lavoro, le droghe e ogni altra forma di ‘addiction’. Il tradimento che questo modo di vita sottende si caratterizza come duplice: in primo luogo viene tradito il pianto dentro di noi, il pianto che si sforza penosamente di comunicarci qualcosa, proprio come un bambino inascoltato; in secondo luogo vengono traditi gli altri, quelli cui ci rivolgiamo per farci “riempire” un po’: in questo caso infatti per noi interessante è non tanto l’altro, con la sua umanità, ma il fatto che egli ci posa gratificare con la sua prestazione di presenza. (…) Ci interessa soltanto (…) soverchiare la tristezza con il rumore.”
– Amare Tradire: Quasi un apologia del tradimento, di Aldo Carotenuto, Edizioni Bompiani, p.65
____________________________________________________
Dipinto di Oleg Dozortsev
“Esperimentare coscientemente i conflitti, per quanto penoso, può essere una risorsa inestimabile. Quanto più affrontiamo i nostri conflitti e troviamo una nostra soluzione personale, tanto più acquisteremo libertà e forza interiori. Solo quando siamo disposti a sostenere lo scontro possiamo avvicinarci all’ideale di sentirci padroni della nostra nave. Una falsa tranquillità basata sull’acquiescenza interiore è tutt’altro che invidiabile. Essa è destinata a renderci deboli e facili prede di ogni sorta di influenze”.
– da Karen Horney, I nostri conflitti interni, G. Martinelli Ed., pag.23
_____________________________________________________
Hans Ole Brasen (Danish 1849-1930) Morgenhilsen and ved solnedgang

La nascita non è un atto, è un procedimento ininterrotto. Lo scopo della vita è di nascere pienamente, ma la sua tragedia è che la maggior parte di noi muore prima di essere veramente nato. Vivere significa nascere ad ogni istante. La morte si produce quando si cessa di nascere. Fisiologicamente il nostro sistema cellulare è in stato di nascita continua; ma psicologicamente la maggior parte di noi ad un certo momento cessa di vivere.

– Erich Fromm


Felice Casorati

La fragilità di un essere umano è condizione preziosa per entrare nel proprio stato naturale di libertà.
Da quando nasciamo ci fanno credere il contrario; veniamo educati a generare una forza non reale che è solo rigidità, resistenza alla vita. Cresce con noi un ideale di perfezione pericoloso che non ci permette di essere noi stessi, che non accetta la debolezza umana.
La nostra natura divina si manifesta quando l’essere umano diventa consapevole della propria condizione di immensa fragilità e cede, si arrende, comprende che se apre mani e braccia in quello stato di immensa cedevolezza, inizia a volare. Non occorre essere forti per essere liberi.

– Alice Miller


Pablo Picasso-La bambina con la colomba - 1901
Pablo Picasso-La bambina con la colomba – 1901
Ovunque io volga lo sguardo, trovo il comandamento di rispettare i genitori e mai quello di rispettare i bambini.- Alice Miller –


Édouard Manet: La Nymphe surprise, 1859 (https://it.wikipedia.org/wiki/File:Edouard_Manet_Die_ueberraschte_Nymphe.jpg)

Quando ho capito che il mio dolore veniva dal voler essere apprezzata ho cominciato ad amare me stessa.
Quando ho capito che il mio dolore veniva dal voler essere riconosciuta ho cominciato a vedere chi ero veramente.
Quando ho capito che il mio dolore veniva dal desiderare di essere speciale mi sono permessa di esplorare l’infinitezza della mia normalità.
Quando ho capito che il mio dolore veniva dal voler essere abbracciata ho cominciato a sentire le sensazioni del mio corpo.
Quando ho capito che il mio dolore veniva dalla fame di appartenenza ho cominciato a nutrire il mio autentico sé.
Quando ho capito che il mio dolore veniva dalle azioni degli altri ho cominciato a prendermi la responsabilità della mia storia.
Quando ho capito che il mio dolore veniva dal rincorrere quelli che non mi volevano mi sono resa libera.

– Tanya Markul –


Viandante sul mare di nebbia, Caspar David Friedrich, 1818

(…) Non posso dire di essere un sapiente. Fui un cercatore e ancora lo sono,
ma non cerco più negli astri e nei libri: incomincio a udire gli insegnamenti
che fervono nel mio sangue. La mia storia non è amena, non è dolce e armoniosa come le storie inventate, sa di stoltezza e confusione, di follia e sogno, come la vita di tutti gli uomini che non intendono più mentire a se stessi.

La vita di ogni uomo è una via verso se stesso, il tentativo di una via, l’accenno di un sentiero. Nessun uomo è mai stato interamente lui stesso, eppure ognuno cerca di diventarlo, chi sordamente, chi luminosamente, secondo le possibilità.
Ognuno reca con sé, sino alla fine, residui della propria nascita, umori e gusci d’uovo d’un mondo primordiale. (…) Tutti noi abbiamo in comune le origini, le madri, tutti veniamo dallo stesso abisso; ma ognuno, tentativo e rincorsa dalle profondità, tende alla propria meta. Possiamo comprenderci l’un l’altro, ma ognuno può interpretare soltanto se stesso.

-Hermann Hesse, Demian, Oscar Mondadori, pag. 4

———————————————————-

Nulla è più tormentoso della fatica per lo sviluppo interiore, con la quale noi ci strappiamo a noi stessi, ci superiamo, ci lasciamo.
Ogni esistenza individuale, fedelmente condotta, è cosparsa dei bozzoli abbandonati dalle nostre successive metamorfosi.
– Pierre Teilhard de Chardin –
———————————————————————–
autore immagine sconosciuto
Sulla Pazienza

Bisogna, alle cose,
lasciare la propria quieta, indisturbata evoluzione
che viene dal loro interno
e che da niente può essere forzata o accelerata.
Tutto è: portare a compimento la gestazione – e poi dare alla luce …

Maturare come un albero
che non forza i suoi succhi
e tranquillo se ne sta nelle tempeste
di primavera, e non teme che non possa arrivare l’estate.

Eccome se arriva!
Ma arriva soltanto per chi è paziente
e vive come se davanti avesse l’eternità,
spensierato, tranquillo e aperto …

Bisogna avere pazienza
verso le irresolutezze del cuore
e cercare di amare le domande stesse
come stanze chiuse a chiave e come libri
che sono scritti in una lingua che proprio non sappiamo.

Si tratta di vivere ogni cosa.
Quando si vivono le domande,
forse, piano piano, si finisce,
senza accorgersene,
col vivere dentro alle risposte
celate in un giorno che non sappiamo.

Rainer Maria Rilke, 1903


gaetano-cellini-lumanita-contro-il-male
L’umanità contro il male, Gaetano Cellini, 1908

” In ogni caso ci occorre un nuovo orientamento. Avendo a che fare col male si corre il grave rischio di soggiacergli.

Non dobbiamo perciò più soggiacere a nulla, nemmeno al bene. Un cosiddetto bene, al quale si soccombe, perde il carattere etico.

Non che diventi cattivo in sé, ma è il fatto di esserne succubi che può avere cattive conseguenze. Ogni forma di intossicazione è un male, non importa se si tratti di alcool o morfina o idealismo. Dobbiamo guardarci dal considerare il male e il bene come due opposti.

Il criterio dell’azione morale non può consistere più nella semplice concezione che il bene ha la forza di un imperativo categorico, e che il cosiddetto male può essere assolutamente evitato.

Il riconoscimento della realtà del male necessariamente relativizza sia il bene che il male, tramutandoli entrambi nella metà di un contrasto, i cui termini formano un tutto paradossale. Praticamente, ciò significa che il bene e il male perdono il loro carattere assoluto, e noi siamo costretti a riconoscere che ciascuno di essi rappresenta un giudizio…

Perciò, chi desidera avere una risposta al problema del male, così come si pone oggi, ha bisogno, per prima cosa, di conoscere sé stesso, e cioè della maggiore conoscenza possibile della sua totalità.

Deve conoscere senza reticenze quanto bene può fare e di quale infamia è capace, guardandosi dal considerare reale il primo e illusoria la seconda. Entrambi sono veri in potenza ed egli non sfuggirà interamente né dall’uno né dall’altra, se vuole vivere, come naturalmente dovrebbe, senza mentire a sé stesso e senza illudersi”.  

– Bene e male nella psicologia analitica, C. G. Jung –

———————————————————————————————